Recensioni cinematografiche

 

Intouchables: per ridere e commuoversi di un'amicizia



“Come si sente a vivere d’assistenza? Non le dà fastidio campare alle spalle degli altri?”. Una frase molto ironica se a pronunciarla è un tetraplegico di mezza età la cui esistenza è per forza di cose legata a quella di altre persone. Inizia così Quasi Amici, film di Eric Toledano e Olivier Nakache nelle sale italiane dal 24 febbraio, che con i suoi quasi 14 milioni di spettatori ha battuto il “Quinto elemento” di Luc Besson nella classifica dei film francesi più visti in Italia. Una storia vera quella che decidono di raccontare i due registi, ispirati dalla visione del documentario "A la vie, à la mort" che evocava il caso di un giovane della banlieue incaricato di occuparsi di un disabile, Philippe Pozzo di Borgo.




“Quella vicenda –raccontano Toledano e Nakache- conteneva tutto ciò che noi cercavamo: una storia incredibile, un soggetto forte, una buona dose di umorismo. Così siamo andati in Marocco a trovare il ricco aristocratico, che da anni vive lì con la seconda moglie e i figli, e abbiamo ottenuto l’autorizzazione per portare la sua singolare esperienza sullo schermo. L’unica condizione che ci ha posto è che il film fosse divertente, anche se racconta l’incontro tra due persone gravate dall’handicap. Per uno è fisico, per l’altro è sociale. E’ proprio questo aspetto a renderli, nel tempo, inseparabili”.


Portato sullo schermo dal noto attore francese François Cluzet, Philippe è un ricco tetraplegico costretto a vivere nella sua villa padronale isolato dal mondo dopo un incidente con il parapendio. Ha bisogno di tutto tranne che di un “banale” badante. Nella sala d’attesa per il colloquio si trovano i tipi più disparati di persone: c’è chi ha in tasca lauree e corsi di perfezionamento per la cura della persona ma nessuna esperienza, chi vuole lavorare solo ed esclusivamente per denaro, chi aspira a “conoscere a fondo l’essere umano”, chi, a suo dire, “adora i menomati”.

Quello che cerca Philippe è una persona che non lo guardi dall'alto in basso, che non lo tratti da disabile: “Spesso mi passa il telefono, sai perché? Perché si dimentica”. Quello che cerca quest’uomo tanto ricco quanto solo, non è pietà, ma la compagnia di un amico. Chi allora meglio di Driss? Interpretato dal comico televisivo Omar Sy, il giovane senegalese è un uomo completamente diverso da lui. E’ capace di bruciargli le gambe con il tè caldo per convincersi che davvero non senta nulla, fumare e offrirgli canne, correre con la macchina senza avere la patente e corteggiare qualsiasi donna gli capiti sotto tiro.


I due amici impareranno l’uno dall’altro quello che manca a ciascuno: Philippe il coraggio di ricominciare ad amare dopo la morte della moglie, Driss a rispettare impegni e affrontare responsabilità. Tra una battuta scorretta (“Sai dove puoi trovare un tetraplegico? Dove lo hai lasciato!”) e qualche lacrima, si sviluppa, senza pietismi e patetismi, il racconto di un’amicizia apparentemente impossibile e per questo tanto più bella e commovente.

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